Il Coaching è un servizio di facilitazione personale
E’ finalizzato al raggiungimento di traguardi personali, che si pone un grande scopo: “aiutare le persone a diventare ciò che sono”
Nel coaching l’unicità di ogni singola persona non solo non viene oscurata, ma viene rispettata e valorizzata.
Il coaching può rappresentare una grande opportunità non solo per le aziende, ma anche per quelle istituzioni educative, quali scuole o Università, che vogliano farsi fautrici di un’educazione che sia realmente “a misura d’uomo”, in cui i discenti siano gli attivi costruttori delle proprie conoscenze, e non solo dei passivi fruitori.
Si tratta di un’opportunità che è stata già colta da alcune Università straniere, che hanno inserito, nella propria offerta formativa, la possibilità – per gli studenti che ne facciano richiesta – di intraprendere percorsi di coaching.
Le capacità di apprendimento sono solo in minima parte delle abilità innate e normalmente si esprimono in ciascuno di noi al di sotto delle nostre reali potenzialità. Questo perché restiamo per lo più ancorati ad abitudini disfunzionali acquisite nel tempo, credenze limitanti, o a scarsa autoconsapevolezza.
Estremamente prezioso, quindi, può essere un approccio olistico (quale è il coaching) che aiuti gli studenti, ma più in generale le persone impegnate in contesti di apprendimento, non solo ad apprendere nuove strategie, ma anche a sviluppare le proprie potenzialità; che gli aiuti, cioè, a valorizzare la propria unicità, partendo dal presupposto che ogni persona apprende in un modo unico e diverso.
Il coaching per l’apprendimento (o learning coaching) è, appunto, un servizio flessibile e personalizzato che aiuta le persone ad espandere, potenziare e migliorare le proprie capacità di apprendimento.
Ma in cosa differisce il learning coaching dagli altri tipi di coaching (quali life coaching o business coaching)?
Il “coaching” (life o business) è una relazione di accompagnamento alla realizzazione di determinati obiettivi (personali o professionali). Il focus ed il “commitment” sono su un obiettivo, ed il coachee, con l’aiuto del coach, attiva quelle risorse ed individua quelle strategie o azioni che gli permettono di realizzarlo. Durante una sessione il coachee realizza alcuni apprendimenti emotivi: quei “cambiamenti di paradigmi interiori” che fanno scorgere nuove possibilità, o fanno “ridisegnare” i contorni di un problema, per individuarne possibili soluzioni. Quindi si può dire che è nella natura di ogni relazione di coaching quella di favorire la realizzazione di nuovi apprendimenti.
Nel learning coaching, però, il focus e il commitment sono normalmente sul processo di apprendimento stesso: una persona vuole impegnarsi a migliorare le proprie capacità di apprendimento, per poter raggiungere più facilmente o velocemente determinati obiettivi di apprendimento.
Il learning coaching quindi si rivolge a persone che siano impegnate in contesti di apprendimento (studenti, neoassunti, apprendisti, persone che si confrontano con nuovi ruoli o mansioni, ecc..).
Oggi viene utilizzato dalle scienze sociali il concetto di Potenziale di apprendimento: questo è l’insieme di possibilità di apprendimento che sono realizzabili da una persona, che possono essere non ancora interamente attuate, ma che potranno esserlo se la persona riceverà degli stimoli appropriati.
E di stimoli oggi se ne ricevono pochi, dal momento che la scuola sembra, suo malgrado, favorire un metodo di studio nozionistico e superficiale, e la didattica che propone è in gran parte “sganciata” dagli interessi e dalle esperienze concrete degli alunni. Il suo “focus” è ancora troppo sbilanciato su un apprendimento di tipo passivo. Poca attenzione viene prestata all’adozione di un metodo di studio corretto, e spesso gli studenti acquisiscono abitudini di apprendimento disfunzionali durante il periodo scolastico.
Ne è testimonianza il fatto che durante il percorso universitario diversi studenti adottino ancora una modalità di apprendimento superficiale, rappresentata da un’assimilazione parziale e frammentaria di informazioni, dovuta a ragioni esterne: si apprende solo quello che è strettamente richiesto dall’esame, si cerca di attuare una fedele riproduzione del testo da studiare. La conseguenza è che si riesce ad utilizzare solo in minima parte il proprio potenziale di apprendimento, e che, successivamente, nel mondo del lavoro, ci siano poche “menti creative”, e tanti buoni “esecutori”.
L’apprendimento profondo invece consiste in una ricca e personalizzata assimilazio¬ne delle informazioni, dovuta a una genuina motivazione della persona, ed è l’unico in grado di produrre risultati fecondi e significativi.
Le capacità di apprendimento possono, quindi, discostarsi dal proprio potenziale di apprendimento, in maniera più o meno rilevante.
Il learning coaching si pone lo scopo di fornire alla persona quegli stimoli che la aiutino ad esprimere, sviluppare e a riappropriarsi del proprio potenziale di apprendimento; si tratta, in pratica, di aiutarla a “riapprendere ad apprendere”, e ad adottare una modalità di apprendimento profondo.
Per descrivere meglio come agisce il learning coaching, possiamo ricorrere a una metafora: anche nell’apprendimento possiamo individuare un hardware, un software, e un sistema operativo:
- l’hardware include il nostro cervello e le strutture nervose che vengono stimolate e coinvolte nell’apprendimento: coincide con le nostre potenzialità neuronali;
- il software include le diverse capacità che abbiamo acquisito nel corso del tempo: sono i diversi “programmi mentali” che ci permettono di eseguire determinate attività;
- il sistema operativo fa da interfaccia comunicativa tra noi e il nostro hardware: è l’insieme di regole, abitudini e credenze che ci siamo formati col tempo, e che ci permette di interagire con l’hardware, sfruttandone in misura maggiore o minore le potenzialità.
Il potenziale di apprendimento del nostro cervello coincide con l’insieme di reti neuronali che esso può costituire, e diverse ricerche testimoniano che è praticamente infinito: questo è l’hardware. Le predisposizioni individuali, come l’intelligenza di base, influiscono quindi poco sulle possibilità di apprendimento individuali (secondo alcuni studi possono spiegare circa il 20/30% delle differenze individuali che si riscontrano nelle prestazioni intellettive). L’intelligenza stessa, poi, non è un tratto fisso della personalità ma può modificarsi nel corso del tempo, in base alle esperienze che si realizzano.
L’insieme delle abitudini, regole e convinzioni sull’apprendimento che abbiamo acquisito nel corso del tempo possono fare realmente la differenza: esse sono il sistema operativo; esse rappresentano il know how che ci può permettere di apprendere ad apprendere, e di accedere in modo più pieno alle nostre potenzialità.
Si possono migliorare le proprie capacità di apprendimento sia agendo sui software (ad esempio apprendendo nuove strategie di apprendimento), sia agendo sul sistema operativo (imparando ad apprendere). Solo nel secondo caso, però, sviluppiamo realmente le nostre potenzialità.
I vari corsi sulle tecniche di apprendimento (memotecniche, lettura veloce, ecc..) lavorano sui “software”, così facendo aiutano a fare un lavoro “sulle foglie” del potenziale di apprendimento. Inoltre, se le strategie insegnate non si coniugano bene con le predisposizioni o con le credenze individuali risultano del tutto inutili.
Non ultimo, spesso spingono implicitamente una persona verso una modalità di apprendimento superficiale (focalizzata sulla memorizzazione piuttosto che sulla assimilazione e sulla elaborazione personali).
Un percorso di learning coaching invece lavora sul sistema operativo, così facendo aiuta una persona a fare un lavoro “sulle radici” del proprio potenziale di apprendimento, aiutandola a “sbloccare” le proprie potenzialità, sempre nel rispetto di quelle che sono le sue esigenze, aspettative e priorità.
In che modo si può riuscire ad agire sul sistema operativo? Ad esempio, prendendo coscienza del proprio modo abitudinario di apprendere, scoprendo e valorizzando le proprie capacità naturali e il proprio stile di apprendimento, sviluppando e a esercitando la propria creatività, sperimentando nuove strategie che inducano la persona ad adottare una modalità di apprendimento profonda (ad esempio, le mappe mentali), risvegliando la propria curiosità e il proprio istinto a porsi domande, sfidando qualche credenza personale limitante.
Attraverso un percorso di learning coaching una persona intraprende un vero e proprio percorso di selfempowerment personale.
Tra capacità e potenziale di apprendimento il gap può essere più o meno ampio, e ciò può dipendere da alcuni fattori critici:
- Conoscenza che abbiamo di noi stessi;
- Abilità metacognitive;
- Approccio strategico verso l’apprendimento (conoscenza di strategie adeguate);
- Convinzioni e credenze su noi stessi;
- Credenze o teorie implicite;
- Senso di autoefficacia personale.
L’esperienza maturata negli ultimi anni come coach per l’apprendimento, mi ha permesso, più nello specifico, di individuare quattro “leve” fondamentali (quattro aree di sviluppo), che una volte “azionate” possono favorire il pieno sviluppo del proprio potenziale di apprendimento, e quattro “blocchi”, che possono invece frenarlo.
Queste sono le “leve” del potenziale di apprendimento:
- Proattività: essere proattivi significa riconoscere che, come esseri umani, noi siamo responsabili della nostra vita; un atteggiamento proattivo consiste in una attivazione autoresponsabile e intraprendente nei confronti dei propri scopi, ed è in genere sostenuto da un buon livello di auto-motivazione e da un buon senso di auto-efficacia. La proattività può essere incentivata in vari modi, ad esempio favorendo una corretta pianificazione;
- Autoconsapevolezza e pensiero metacognitivo: la metacognizione consiste nella coscien¬za che una persona ha dei propri processi mentali, nella consapevolezza delle strategie che utilizza per gestirli, e nella riflessione che attua sul proprio percorso mentale, riflessione che gli consente di pianificare, controllare e verificare il proprio processo di apprendimento, e di incrementarne di molto la profondità e l’efficacia;
- Sapersi ascoltare: intuito e pensiero critico: la capacità di attivare l'”ascolto interno”, di lasciare emergere il proprio intuito e la propria creatività, di stimolare il proprio pensiero critico favorisce il passaggio da un apprendimento superficiale a un apprendimento profondo;
- Curiosità e gioco: consiste nel riscoprire e riavvalorare le dimensioni del gioco e della curiosità nell’apprendimento: elementi, questi, che ci accompagnano e che ci guidano alla scoperta del mondo nei primi anni della nostra vita, e che, secondo sempre più autorevoli studiosi, tra cui Bruner e Visalberghi, sono aspetti vitali e imprescindibili di ogni autentico apprendimento.
Ecco invece i “blocchi” del potenziale di apprendimento:
- Le abitudini: un comportamento abitudinario nell’apprendimento, limita le possibilità di apprendimento, perché limita le possibilità di fare nuove esperienze e fa si che un determinato metodo di apprendimento venga adottato più per inerzia che per una precisa scelta; bisogna quindi prendere coscienza delle proprie abitudini per poi sperimentare nuove modalità più funzionali;
- Gli autosabotaggi: si tratta di situazioni nelle quali viene limitato l’apporto di energia o impegno investito nel perseguimento di un proprio obiettivo, limitando le proprie possibilità di successo, per costruirsi un “alibi” nel caso di eventuali insuccessi. Servono a proteggere l’immagine di se ed il proprio senso di autostima, ma possono limitare fortemente le proprie possibilità di apprendimento; vanno quindi smascherate e sostituite con strategie più funzionali;
- Convinzioni limitanti: la presenza di convinzioni negative su se stessi (ad esempio sulle proprie capacità) limita fortemente le proprie possibilità di apprendimento. Le convinzioni forniscono il rinforzo che supporta o inibisce particolari capacità o comportamenti: quindi le convinzioni che si hanno su se stessi sono molto importanti (molto più delle effettive capacità possedute) nella predizione dei risultati di apprendimento che si raggiungeranno. Bisogna aiutare la persona a “smuovere” proprie credenze limitanti, e ad acquisirne di potenzianti;
- Senso del dovere: il senso del dovere ci spoglia della nostra creatività e ci spinge a far qualcosa più per necessità che per una reale motivazione. Quando facciamo qualcosa solo per senso del dovere non diamo espressione alla nostra vera natura, alla nostra identità e alla nostra naturale creatività; quindi non è possibile apprendere qualcosa in modo profondo, ma solo in modo superficiale. Non sempre possiamo fare in modo che le cose che apprendiamo ci piacciano, ma possiamo scegliere l’atteggiamento con cui affrontarle.
Il coaching può agire sia sulle “leve”e che sui “blocchi”del potenziale di apprendimento, per aiutare le persone ad apprendere ad apprendere. In che modo?
Nel libro “Gli 8 passi per apprendere ad apprendere – Coaching per l’apprendimento” (edito da FrancoAngeli), in uscita in questi giorni, ho esposto in modo articolato e approfondito questo modello olistico e pragmatico di learning coaching, e le modalità attraverso le quali il coaching riesce ad azionare le leve e a risolvere i blocchi del potenziale di apprendimento. “Gli 8 passi” propone un vero percorso di selfempowerment personale, che accompagna il lettore alla conoscenza e al pieno sviluppo delle proprie possibilità di apprendimento.